ICMESA-Seveso-1976: risarcibile anche il turbamento psichico

Lo afferma la storica sentenza della Corte Suprema di cassazione n.2515/2002

Dopo un percorso giudiziario durato oltre venti anni, un cittadino abitante nella zona contaminata della zona di Seveso, si è visto riconoscere con Sentenza della Corte Suprema di Cassazione-Sezione Riunite civili-n. 2515/2002 e depositata il 21 febbraio 2002, non solo il risarcimento dei danni diretti conseguenti dovuti alla fuoriuscita di diossina dallo stabilimento chimico della ICMESA di Seveso avvenuta nel 1976, ma anche per gli effetti dannosi dovuti allo stato di stress, ovvero al panico e all’ansia vissuti dopo il disastroso evento. Questa storia giudiziaria inizia con l’atto di citazione – si legge nella sentenza – notificato il 13 giugno 1981 “G.P. conveniva dinanzi al Tribunale di Monza la s.p.a. in liquidazione chiedendone la condanna al risarcimento dei danni subiti per la chiusura della sua ditta, l’ Eurostyle s.a.s., a seguito del grave e noto fatto di polluzione chimica causato dall’ esplosione delle caldaie della società convenuta, che aveva investito la zona del Comune di Seveso, ove era insediata la sua attività produttiva, nel luglio 1976. Precisava che la cessazione dell’attività era stata determinata dall’ inquinamento che aveva reso non più commerciabili i manufatti da lui prodotti (cosicchè aveva dovuto cedere a prezzo vile l’azienda) e del fatto che, essendo stato investito direttamente dalla nube tossica, aveva subito danni diretti alla salute che gli avevano impedito di occuparsi del suo lavoro. Peraltro, con altro atto di citazione, notificato il 16 luglio 1983, il G.P. conveniva nuovamente in giudizio l’ ICMESA per ottenere il risarcimento dei danni psico-fisici sofferti per lo stesso episodio di fuoriuscita della nube di diossina”. L’ andamento processuale può essere seguito leggendo il testo della sentenza riportato in link, sentenza che ha rilevato oltre al danno fisico e alle malattie causate dall’avvelenamento, devono essere risarcite anche la paura e l’ansia alla quale sono stati sottoposti per anni i residenti della zona. La Corte ha sancito, dunque, il principio di diritto secondo il quale ” in caso di compromissione dell’ambiente a seguito di disastro colposo (art. 449 c.p.) il danno morale soggettivo lamentato dai soggetti che si trovino in una particolare situazione ( in quanto abitano e/o lavorano in questo ambiente) e che provino in concreto di aver subito un turbamento psichico ( sofferenze e patemi d’animo) di natura transitoria a causa dell’ esposizione a sostanze inquinanti con conseguenti limitazioni del normale svolgimento della loro vita, è risarcibile autonomamente anche in mancanza di una lesione all’ integrità psico-fisica ( danno biologico) di altro evento produttivo di danno patrimoniale, trattandosi di reato plurioffensivo che comporta, oltre all’offesa all’ambiente e alla pubblica incolumità, anche l’offesa ai singoli, pregiudicati nella loro sfera individuale”.

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