L’Italia ha festeggiato, con grande partecipazione di popolo, il 150° anniversario dell’Unità.

“Reggeremo alle prove che ci attendono a condizione che operi nuovamente un forte cemento unitario. Le celebrazioni del 150° valgano a diffondere il senso della missione e dell’unità nazionale”. Queste parole del Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, sono state accolte, con grande orgoglio, dal popolo italiano durante la lunga giornata dei festeggiamenti del 17 marzo 2011.

La giornata del “compleanno” dell’Italia unita, cominciata dal Capo dello Stato all’Altare della Patria poi al Pantheon e al Gianicolo, ovunque accolto dagli applausi di un’Italia vera, autentica (bambini, ragazzi, donne e uomini di ogni età) e che, come momento centrale, ha avuto il discorso che ha pronunciato alle Camere riunite.

Il Presidente, parlando ad un’aula gremita ed attenta, ha messo in guardia da “fuorvianti semplicismi” ed ha ricordato che la Carta Costituzionale rappresenta “la valida base del nostro vivere comune” dato che sancisce “valori in cui tutti possono riconoscersi”. Questo va tenuto presente al di là delle differenti e legittime idee. “Reggeremo alle prove che ci attendono a condizione che operi nuovamente un forte cemento unitario. Le celebrazioni del 150° anniversario valgano a diffondere il senso della missione e dell’unità nazionale”.
E’una lezione i storia ma costruita con l’occhio attento di chi ha ben chiara la situazione politica attuale quella che Napolitano ha impartito per una quarantina di minuti.

Nel discorso,in cui il Presidente della Repubblica non ha mancato di evidenziare il ruolo avuto dai Savoia, dalla Chiesa “ancora uno dei punti di forza” nel processo unitario che è “stata una straordinaria impresa storica”, hanno trovato spazio i problemi, le preoccupazioni, le aspettative con cui si deve misurare nell’interesse di tutti gli altri ha doveri pubblici che vanno assolti “con umiltà”.

L’emergenza lavoro che condiziona innanzitutto la vita dei giovani che si trovano a misurarsi “con una drammatica carenza di prospettive”. La necessità di risolvere la questione meridionale, i problemi di quel Sud su cui chiede “un esame di coscienza collettivo” in un momento in cui pesa più che in passato “l’oscurarsi della consapevolezza delle potenzialità che, invece, da quella realtà possono arrivare per un nuovo sviluppo del Paese e che sarebbe fatale per tutti non saper valorizzare”. La cultura e i problemi che ci sono, così come per la scuola,anche se parlando di futuro non si può prescindere da esse: “Reggeremo in questo gran mare aperto – ha detto Napolitano – alle prove che ci attendono perché disponiamo oggi di grandi riserve di risorse umane e morali”. Ma a condizione di ritrovare la formula del “cemento unitario” di tanti anni fa che ha portato a superare anche momenti di grandi crisi.

Successivamente il Capo dello Stato ha parlato dell’Europa: “La nostra collocazione convinta, senza riserve, assertiva e propulsiva nell’Europa unita, resta la chance più grande di cui disponiamo per portarci all’altezza delle sfida, delle opportunità e delle problematicità della globalizzazione”. E “in un’Europa senza frontiere, in un’Europa di pace e cooperazione”, “nessun impaccio è giustificabile, nessun impaccio può trattenerci dal manifestare – lo dobbiamo anche a quanti con la bandiera tricolore operano e rischiano la vita nelle missioni internazionali – la nostra fierezza nazionale, il nostro attaccamento alla patria italiana, per tutto quel che di nobile e vitale la nostra nazione ha espresso nel corso della sua lunga storia. E potremo tanto meglio manifestare la nostra fierezza nazionale, quanto più ciascuno di noi saprà mostrare umiltà nell’assolvere i propri doveri pubblici, nel servire ad ogni livello lo Stato e i cittadini”.

(LG-FF)

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