L’ inquinamento da PCB e il ” caso” Caffaro

Il dettagliato Rapporto tecnico-scientifico realizzato dalla ASL di Brescia sulla contaminazione da PCB in un’area locale dove per molti anni è stata si è svolta l’ attività di una nota industria chimica.

La problematica dei siti contaminati rappresenta un argomento di estrema attualità e rilevanza per la tutela e protezione dell’ ambiente, delle sue risorse e della salute pubblica. Molti Stati, nelle proprie politiche ambientali, riconoscono alla tutela del suolo dall’ inquinamento un importante rilievo strategico. Il suolo, quale comparto ambientale ricettore della maggior parte dei contaminanti organici ed inorganici, è un sistema aperto con scambi continui di energia e materia con l’ atmosfera, con la falda acquifera sottostante e con gli organismi viventi vegetali e animali, capaci di assorbire e fissare tali sostanze inquinanti, trasferendola nella rete trofica. Le diverse forme di contaminazione, insieme al numero elevato di siti inquinati e alla varietà delle tipologie dei terreni e delle condizioni locali, fanno della problematica delle bonifica dei suoli inquinati, un argomento complesso e impegnativo dal punto di vista ambientale, economico e sociale. Da un censimento svolto dalle Regioni italiane, risulta che in Italia sono presenti 10.000 siti contaminati e potenzialmente contaminati, rappresentati per il 28% (dati 2001 del Ministero dell’ ambiente) da aree dismesse. E su tale problema, anche se specificatamente riguardante l’ inquinamento del suolo da PCB, ci sembra , non soltanto per la dettagliata analisi tecnico-scientifica, di particolare interesse e utilità riportare nel link il Rapporto realizzato, attraverso un apposito Comitato Tecnico-Scientifico che ha operato in collaborazione con la Keisdata di Legnano, dal Dipartimento di Prevenzione e dal Distretto Socio-sanitario di base cittadino dalla ASL di Brescia, sul ” caso” della industria chimica Caffaro, attiva sul territorio bresciano dal 1906, sviluppando la produzione di vari composti derivati del cloro ottenuto da un processo elettrolitico ( detto cloro-soda) nel quale il sale, sciolto in acqua, era dissociato dal passaggio della corrente elettrica in sodio e cloro e poi avviato alla sintesi di diversi prodotti fra cui, a partire dalla seconda metà degli anni Trenta, i bifenili clorurati ( PCB). Come noto, questi composti sono stati ampiamente utilizzati nell’ industria elettrotecnica ( per trasformatori e condensatori ) o aggiunti ad insetticidi, vernici,carta, plastica ,o usati come oli da taglio, lubrificanti, ritardanti di fiamma. L’ interesse che i PCB rivestono per le applicazioni industriali è legato alla loro inerzia chimica, alla resistenza al calore, alla bassa infiammabilità, alla bassa pressione del vapore, all’ elevata costante dielettrica e alla bassa tossicità acuta. Le preoccupazioni di ordine sanitario dei PCB cominciano ad affacciarsi nel 1968, quando 1850 persone si ammalarono a Yusho ( Giappone) dopo aver ingerito olio di riso che era stato accidentalmente, ma pesantemente contaminato da PCB. Le preoccupazioni ambientali emersero alla fine degli anni ’60 – circa 30 anni dopo la loro introduzione- allorchè uno scienziato svedese scoprì che l’ assottigliarsi dei gusci delle uova degli uccelli marini, collegato al bioaccumulo di PCB, portava ad una riduzione della capacità riproduttiva. Livelli elevati di PCB nell’ ambiente sono stati quindi collegati alla morte della fauna, ad esempio delle urie nel Mare del Nord.Nel 1977 gli Stati Uniti sono i primi a sospendere la produzione, mentre l’ impiego di PCB in applicazioni aperte, come inchiostri da stampa e adesivi, nel 1979 venne bandito nella Comunità europea. L’ impiego di PCB come materia prima o sostanza chimica intermedia è vietato nell’ Unione Europea sin dal 1985. Nel settembre 1996, è stata adottata la direttiva 96/59/CE ( recepita in Italia con il D.Lgs. N. 209 del22 maggio 1999)per il controllo dello smaltimento dei PCB e dei PCT e gli impianti impiegati per lo smaltimento stesso. La Caffaro di Brescia, nonostante la cultura diffusa sulla tossicità delle diossine dopo l’ incidente di Seveso del 1976, cessa la produzione dei PCB nel 1984.

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