Protezione dell’ ambiente attraverso il diritto penale

La Decisione del Consiglio dell’ Unione europea adottata a Bruxelles il 4 ottobre 2002

Secondo la Decisione quadro del Consiglio dell’ Unione europea, adottata a Bruxelles il 4 ottobre 2002 ( non ancora pubblicata sulla G.U.C.E.), la protezione dell’ ambiente deve anche passare attraverso il diritto penale. Quella di associare la difesa della natura con l’ aiuto del diritto penale, la Commissione europea l’ aveva già tentata con una proposta di direttiva ( marzo 2001) che, non avendo trovato l’ intesa fra i 15 Stati membri della Comunità, ha dovuto ripiegare verso uno strumento meno incisivo, cioè quella della Decisione quadro che il Consiglio ” ha ritenuto opportuno incorporare nella presente Decisione quadro varie norme sostanziali contenute nella proposta di direttiva, in particolare quelle che definiscono gli atti che gli Stati membri debbono qualificare come reati in virtù del proprio diritto interno”. La normativa ambientale in questione nasce fondamentalmente dall’ esigenza di rafforzare la lotta contro l’ inquinamento attraverso l’ adozione di una risposta severa contro chi inquina e nel momento in cui aumentano i reati contro l’ ambiente, anche perché, sempre più frequentemente, le conseguenze di tali reati si estendono al di là delle frontiere degli Stati in cui vengono commessi. Il Consiglio ha esaminato la proposta di direttiva della Commissione ma è giunto alla conclusione che la maggioranza necessaria per l’ adozione in sede di Consiglio non può essere raggiunta. La suddetta maggioranza ha ritenuto che la proposta vada oltre le competenze attribuite alla Comunità dal trattato che istituisce la Comunità europea e che gli obiettivi da essa perseguiti possano essere raggiunti mediante l’ adozione di una decisione quadro in base al titolo VI del trattato dell’ Unione europea. Il Consiglio ha ritenuto, inoltre, che la presente decisione quadro, basata sull’ articolo 34 del trattato dell’ UE, costituisca uno strumento adeguato per imporre agli Stati membri l’ obbligo di prevedere sanzioni penali. Lo scarico, l’ emissione o l’ immissione nell’ aria, nel suolo e nelle acque, di un quantitativo di sostanze o di radiazioni ionizzanti che provochino il decesso o lesioni gravi alle persone; lo scarico, l’ emissione o l’ immissione illeciti di un quantitativo di sostanze o di radiazioni ionizzanti nell’ aria, nel suolo o nelle acque che ne provochino o possano provocarne il deterioramento durevole o sostanziale o che causino il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti ai monumenti protetti, ad altri beni protetti, al patrimonio, alla flora e alla fauna; l’ eliminazione, il trattamento, il deposito, l’ esportazione o l’ importazione illeciti di rifiuti, compresi rifiuti pericolosi che provochino o possano provocare il decesso o lesioni gravi alle persone o danni rilevanti alla qualità dell’ aria, del suolo o delle acque, alla fauna e alla flora; l’ utilizzo di un impianto inquinante; la cattura di animali in via di estinzione, sono alcuni dei comportamenti illeciti che l ‘ UE definisce come crimini ambientali, perseguibili penalmente. Ciascuno Stato membro è chiamato ad adottare i provvedimenti necessari per rendere perseguibili penalmente tali reati.La normativa comunitaria parla di sanzioni penali effettive, proporzionate e dissuasive, comprendenti, nei casi più gravi, pene privative della libertà che possono comportare l’ estradizione.Le sanzioni penali possono essere corredate di altre sanzioni o misure: in particolare, per una persona fisica, il divieto di esercitare un’ attività che richiede un ‘ autorizzazione o approvazione ufficiale o di fondare, gestire o dirigere una società o una fondazione allorchè i fatti che hanno condotto alla sua condanna inducano a temere che possa essere nuovamente intrapresa un’ iniziativa criminale analoga.

Fonte: Eur-Lex

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