REN21, i combustibili fossili rimangono la fonte dominante

Il rapporto sulle rinnovabili REN21 rileva che la quota di combustibili fossili nel consumo di energia non è diminuita nel 2020 per il decimo anno consecutivo e che le energie rinnovabili stentano a crescere, nonostante siano sempre più vantaggiose economicamente.

Il 2020 avrebbe potuto essere un anno di svolta grazie alla pandemia ma così non è stato; nonostante la domanda di energia primaria sia diminuita del 4%, infatti, i paesi del G20, i maggiori inquinatori del pianeta, hanno a malapena raggiunto o addirittura mancato i loro obiettivi di energia rinnovabile, già poco ambiziosi.

Secondo il rapporto sulle rinnovabili REN21, la quota di combustibili fossili nel mix energetico totale è rimasta alta quanto un decennio fa (80,3% contro l’80,2% di oggi) e le moderne rinnovabili, che includono idroelettrico e biomasse, sono aumentate di poco (da 8,7% a 11,2%).

I cinque membri del G20 con obiettivi di energia rinnovabile per il 2020 (UE, Italia, Francia, Germania, UK) hanno lottato per raggiungere i loro obiettivi mentre gli altri 15 non ne avevano nemmeno uno.

Non siamo dunque affatto vicini al necessario cambiamento di paradigma verso un futuro energetico pulito, più sano e più equo.

Lo scorso mese di giugno, i membri del G7 hanno dichiarato che non destineranno più finanziamenti internazionali a progetti che prevedano l’uso del carbone come combustibile, a meno che non garantiscano allo stesso tempo tecnologie per la cattura e lo stoccaggio delle emissioni. Tuttavia, il G7 non è stato chiaro su tempi e modi della transizione energetica, non specificando, ad esempio, obiettivi precisi e limiti temporali.

La stessa Agenzia internazionale per l’energia (AIE), nel delineare la tabella di marcia per abbattere le emissioni e raggiungere l’obiettivo di zero emissioni derivanti dal settore energetico nel 2050, aveva già previsto esplicitamente l’esclusione di investimenti in nuovi progetti di fornitura di combustibili fossili e nessuna ulteriore decisione di investimento in nuove centrali a carbone.

È chiaro però che non basta annunciare traguardi per il 2050 se poi non si agisce in modo coerente con queste affermazioni e con i previsti scenari di azzeramento delle emissioni.

Questa strada è necessaria ed anche possibile. I combustibili fossili sono infatti responsabili del cambiamento climatico e contribuiscono pesantemente anche alla perdita di biodiversità e all’inquinamento. Passare dai combustibili fossili alle energie rinnovabili è un passo necessario da fare e rendere le rinnovabili la norma non è una questione di tecnologia o di costi.

Il settore energetico ha già fatto grandi progressi. Oggi, quasi tutta la nuova capacità energetica è rinnovabile (83%). Nel 2020 sono stati aggiunti globalmente oltre 256 GW, superando il record precedente di quasi il 30%. In sempre più regioni, comprese parti della Cina, dell’UE, dell’India e degli Stati Uniti, è ora più economico costruire nuovi impianti eolici o solari fotovoltaici piuttosto che far funzionare le centrali elettriche a carbone esistenti.

Secondo le stime di Irena, nel 2020 è infatti proseguita la tendenza al calo dei costi per l’energia solare ed eolica, nonostante l’impatto della pandemia e le interruzioni causate dalla diffusione del virus. Nel 2020, il costo dell’elettricità derivante da nuovi impianti eolici onshore è diminuito del 13%, rispetto al 2019, l’energia solare a concentrazione del 16%, l’eolico offshore del 9% e del solare fotovoltaico su scala industriale del 7%.

I costi di generazione di energia rinnovabile sono diminuiti drasticamente nell’ultimo decennio, grazie anche a tecnologie in costante miglioramento ed alle economie di scala. I costi per l’elettricità da fotovoltaico su scala industriale sono diminuiti dell’85% tra il 2010 e il 2020. Il costo dell’elettricità da energia solare ed eolica è sceso, a livelli però molto bassi.

Fonte: ARPAT

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