Cassazione Penale: lavoro in quota, obbligo di valutazione dei rischi e misure di sicurezza

Cassazione Penale, Sez. 4, 14 febbraio 2022, n. 5128 – Caduta dal tetto del capannone. Nozione di lavoro in quota, obbligo di valutazione dei rischi e misure di sicurezza.

La sentenza in oggetto evidenzia che non può intendersi per ‘lavoro in quota’ solo le operazioni che si svolgano ad un’altezza superiore a due metri da terra su strutture prive di strutture di contenimento o parapetti, tali da necessitare di impalcature o ponteggi al fine di evitare il pericolo di caduta dei lavoratori, bensì tutte le attività che si svolgano ad oltre due metri da un piano stabile, anche ove si operi su superfici piane, contenute da parapetti, allorquando qualsiasi conformazione della struttura o di una sua parte possa comportare la caduta del lavoratore da un’altezza di oltre due metri.
Questa precisazione, che si ricava dalla lettera dell’art. 122 d. lgs. 81/2008, stabilisce una regola generale su tutti i lavori che siano eseguiti ad oltre due metri di altezza, senza distinzione alcuna.
Che questa sia la corretta lettura si trae dalle misure che la disposizione indica quali opere di contenimento dal rischio di caduta, non solo, infatti, ‘adeguate impalcature o ponteggi’ ma anche ‘idonee opere provvisionali o comunque precauzioni atte ad eliminare’ quel pericolo.

Inoltre la sentenza introduce una premessa sull’estensione del contenuto del DVR (Documento di valutazione dei rischi), come previsto dall’art. 28 d. lgs. 81/2008, che stabilisce che “La valutazione di cui all’articolo 17, comma 1, lettera a), anche nella scelta delle attrezzature di lavoro e delle sostanze o delle miscele chimiche impiegate, nonché nella sistemazione dei luoghi di lavoro, deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori, ivi compresi quelli riguardanti gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari (…)”. La norma non fa nessuna distinzione fra le attività ordinariamente e quelle straordinariamente svolte dall’impresa, riconnettendo l’obbligo di valutazione del datore di lavoro a qualsiasi rischio il lavoratore debba affrontare nel corso dello svolgimento dell’attività lavorativa, indipendentemente dalla sua occasionalità, non potendo la sicurezza della sua salute ‘sospendersi’ quando egli sia chiamato a svolgere attività diverse da quelle cui è ordinariamente addetto. E’, dunque, obbligo del datore di lavoro, laddove il DVR non preveda una determinata attività che deve essere svolta, anche occasionalmente “sottoporre ad aggiornamento il documento di valutazione dei rischi previsto dall’art. 28 del D.Lgs. n. 81 del 2008, all’interno del quale deve indicare in modo specifico i fattori di pericolo concretamente presenti all’interno dell’azienda, in relazione alla singola lavorazione o all’ambiente di lavoro e le misure precauzionali ed i dispositivi adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori”.

Risulta quindi del tutto evidente che l’evento in esame ha costituito la concretizzazione del pericolo che le norme violate -prima di tutto quella relativa alla stessa valutazione del rischio- miravano ad evitare, posto che la predisposizione di una misura rivolta ad evitare i rischi di caduta, avrebbe certamente evitato l’evento, realizzatosi proprio perché è stato consentito agli operai di accedere direttamente dal solaio, che presentava zone non calpestabili, al punto in cui dovevano essere imbullonate le lamiere intorno al camino della caldaia.

Fonte: Olympus.uniurb

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